All'Italia serve Coraggio per utilizzare i Fondi 2021-2027
- EuVillages

- 20 dic 2021
- Tempo di lettura: 4 min

La progettazione per un futuro migliore – A cura di Massimiliano Lorenzo
Sono oramai passati diversi anni da quando l’Italia e gli altri Stati membri dell’Unione Europea hanno iniziato a ricevere fondi di finanziamento dalla stessa Comunità sovrannazionale. Una liquidità indirizzata a progetti di varia ampiezza, agli ambiti di intervento più diversi e di cui possono usufruire tanto gli enti pubblici tanto i soggetti privati. Proprio grazie ed attraverso tale budget extra-bilancio europeo, per mezzo dei programmi pluriennali, sono nate e si sono sviluppate innumerevoli realtà, hanno visto la luce nuovi servizi per giovani e cittadini in generale, così come vi sono stati casi di sprechi e di ruberie. Non è, insomma, tutto così semplice e tutto così lineare. In più, all’orizzonte vi sono i fondi derivanti dal Recovery Plan, della misura europea denominata Next Generation Eu, che potrebbero rivoluzionare i territori, con 209 miliardi di Euro (127 mld di prestiti e 82 mld dal bilancio europeo).
Iniziamo la trattazione di questa importante tematica e ambito di intervento da alcuni semplici dati: tra il 2014 ed il 2020, all’Italia sono stati destinati 44 miliardi di Euro di Fondi Strutturali Europei (Fondo europeo di sviluppo regionale [FESR] - Fondo sociale europeo [FSE] - Fondo di coesione [FC] - Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale [FEASR] - Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca [FEAMP]); di questi, nei 7 anni del programma, sono stati spesi soltanto 13,885 miliardi di Euro, corrispondenti a circa il 30,7%, con i quali l’Italia si attesta al terzultimo posto in Europa per capacità di spesa.
Basterebbe già questo per far comprendere quanto poco riusciamo a sfruttare le possibilità e le potenzialità che sono a portata di mano dei più. Nello stesso arco temporale, la sola Puglia, per esempio, tra FSE-FESR-FEASR ha ricevuto circa 9 miliardi di Euro, dei quali ha saputo investire circa un terzo in nuovi progetti e in nuovi servizi. E la Puglia è la Regione che spende meglio i fondi ad essa destinata, in un Meridione d’Italia con percentuali di spesa molto basse e limitate. Nel Bel Paese, infatti, ad investire al meglio i fondi strutturali europei sono tutte Regioni del Centro-Nord, in una classifica capeggiata dall’Emilia–Romagna.
Ma quali sono i principali problemi da rilevare? Secondo studiosi di economia e del Sud Italia, difatti, in questa parte del territorio nazionale, la Pubblica Amministrazione negli anni non ha lavorato e non ha incentivato lo sviluppo, anzi. Perché?
Perché i Comuni e gli enti territoriali pur avendo organici spesso ampi, con altrettanta frequenza non sono dotati di figure competenti per la progettazione e lo sviluppo di percorsi da finanziare proprio attraverso i fondi diretti ed indiretti messi a disposizione dalla Commissione europea. Ovvero, non vi sono le strutture capaci di spenderli. In più, e questo è un aspetto tutt’altro di poco conto, le stesse Amministrazioni locali sono ingessate dal cosiddetto Pareggio di Bilancio, che rende impossibile l’investimento degli avanzi presenti nella casse comunali. Gli ostacoli non sono però solo di natura politico-amministrativa!
Invero, in tutta Italia, gli impedimenti sono sovente anche di specificità tecniche, in quanto a poca chiarezza dei bandi, creazione delle graduatorie incoerenti con il merito, poco controllo sui dati dichiarati e sulle fasi di sviluppo, come del raggiungimento degli obbiettivi, ex-ante ed ex-post. Tali carenze e tali mancanze, oltre a produrre spreco e perdita di importanti occasioni di progresso collettivo, favoriscono i “furbetti” delle ruberie e delle frodi allo Stato e a tutti i cittadini italiani. A questa propensione di una parte di privati nostri connazionali, purtroppo, si aggiunge poi la connivenza, la condotta ed il clientelismo di alcune fette di funzionari pubblici. Aspetti come questi, assieme alle prove di cui sopra in tema di scarsa capacità organizzativa, della formazione di organici adatti alla scrittura dei bandi e della verifica dei progetti presentati, rallentano gli investimenti, ostacolano la partecipazione delle nuove generazioni e costringono gli Enti Pubblici a restituire quelle parti di fondi non utilizzate.
Perché tanta attenzione riservata ai fondi europei e alle dinamiche che intralciano il loro impiego? Tra le motivazioni, a mio modesto parere, più importanti sono le precarie e critiche condizioni economiche e finanziarie del tessuto alla base della nostra società: le piccole e medie imprese hanno una limitata possibilità di spesa ed investimento, gli stessi enti locali subiscono da anni i tagli dei trasferimenti statali. Questi due aspetti incidono non poco sull’occupazione, l’imprenditoria, la formazione e lo sviluppo dei giovani di questo Paese, spesso messi così nelle condizioni di dover emigrare all’Estero, alla ricerca di lavoro e soddisfazioni personali. Insomma, tutto ciò significa tagliare fuori, quindi perdere, intere generazioni. Proprio l’utilizzo dei fondi strutturali e degli investimenti europei, ai quali anche l’Italia concorre con una parte del proprio bilancio, possono incentivare l’economia, la società, la cultura, la partecipazione collettiva e lo sviluppo tecnologico degli italiani. A maggior ragione saranno fondamentali i programmi ordinari e quelli del tanto dibattuto Recovery Plan per il motore del Paese, insabbiato dalla crisi economica anche derivante dalla pandemia.
Sarebbe importante, dunque, che gli enti pubblici e privati selezionassero personale qualificato ad hoc proprio per la spesa dei fondi europei, nazionali e locali. Il pubblico ed il privato hanno bisogno di figure in grado di immaginare progetti e implementare percorsi di sviluppo, idee per la collettività e l’individuo, con uno sguardo lungimirante al futuro. La società necessita, infatti, tanto dei più grandi tanto dei più giovani, in un interscambio di esperienze, capacità di adattamento agli stimoli esterni, visione dei positivi cambiamenti e trasversalità di impegno ed intervento. All’Italia serve coraggio politico, sociale ed economico per uscire dal pantano in cui si è condotta, a causa del clientelismo, del familismo, dell’elitismo, della criminalità organizzata nelle sue varie forme, dei disvalori del sistema, dell’immobilismo dello status quo, come delle disuguaglianze e dell’ignoranza. Non è più percorribile il sentiero dell’arricchimento dei pochi e della subalternità a tutti i livelli dei molti.
A cura di Massimiliano Lorenzo, giornalista e progettista
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